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14/08/2021 - 10:13
di m.ber
Sono passati tre anni da quella mattina piovosa che ha cambiato per sempre la storia di Genova. Il crollo del ponte Morandi ha interrotto prematuramente 43 vite e spezzato per quasi due anni (fino all’inaugurazione del nuovo viadotto San Giorgio, il 4 agosto 2020) i collegamenti della città. Ad occuparsi di questa indagine, così complessa ed articolata, è stato il procuratore Francesco Cozzi. Da sempre il magistrato è legato a Montaldo, dove trascorre il Ferragosto e dove si trovava anche tre anni fa quando gli fu comunicata la notizia. Lo scorso 5 luglio ha salutato i colleghi e il suo ufficio di Procuratore Capo al Tribunale di Genova. Ma prima del collocamento a riposo ha firmato, insieme ai suoi sostituti Massimo Terrile, Walter Cotugno e al procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio (con lui nella foto sotto) la richiesta di rinvio a giudizio per 59 indagati, su cui (si spera entro novembre o dicembre) si esprimerà l’Ufficio del Gup. Lo abbiamo contattato mentre era di ritorno nel capoluogo ligure, dove questa mattina presenzierà alla cerimonia di commemorazione e alla posa della prima pietra del futuro parco del Memoriale.
Dottore, che effetto fa tornare lì tre anni dopo?
«Sono stato invitato dal sindaco Marco Bucci assieme ai colleghi che si sono occupati dell’inchiesta. È sempre un momento particolare questo giorno, non bisogna solo commemorarlo ogni anno, la mia speranza è che quel ricordo riesca a permeare tutto il tessuto di controllo delle infrastrutture che utilizziamo quotidianamente».
Come “guarderà” da fuori l’indagine ora?
«Sarò osservatore attento di una vicenda che mi ha coinvolto molto professionalmente. So che verrà portata avanti dai colleghi dell’ufficio e confido che verrà trattata sempre anche dai giudici con la dovuta attenzione e tempestività, anche per quanto riguarda i filoni dei falsi report sui viadotti e sulle gallerie, e la loro mancata messa in sicurezza. Mi lasci dire che provo un senso di gratitudine verso i colleghi che sono riusciti, senza nessun balzo in avanti ed osservando scrupolosamente le procedure, a permettermi di apporre la mia firma sulla richiesta di rinvio a giudizio pochi giorni prima del mio saluto».
Oltre ai colleghi chi vorrebbe ringraziare?
«In questo momento vorrei ricordare i soccorritori e lo straordinario ed incessante impegno profuso dalla polizia giudiziaria, in particolare dalla guardia di finanza, e dai consulenti tecnici del Pm, l’ingegner Buratti e il professor Malerba. È stata molto importante la qualità delle attività compiute da loro in contraddittorio con attrezzatissime parti, difensori e consulenti tecnici».
La pandemia ha complicato l’attività d’indagine?
«In parte, ma ringrazio il personale amministrativo giudiziario che ha reso possibile la conclusione delle indagini e soprattutto il presidente del tribunale Ravera e il suo dirigente Camanini che si sono adoperati in ogni modo per realizzare nel periodo Covid una tensostruttura nel Palazzo di Giustizia, idonea a celebrare un processo con oltre duecento parti presenti».
Che rapporto ha con il Comitato che ricorda le vittime di quel disastro?
«Mi hanno commosso quando mi hanno donato una targa di ringraziamento con scritto “Lei è stato per noi un raggio di sole che ha squarciato la nostra tempesta. Grazie con tutto il cuore”, assieme ad una lettera di riconoscimento della serietà del lavoro svolto. In occasione del mio saluto ai colleghi un ragazzo 13enne che ha perso il padre quel giorno mi ha consegnato, assieme alla mamma, una sua foto con una dedica: è stato un momento umanamente molto toccante».
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