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IL CASO

«L’occhio del mio Leonardo non vede perché manca il marchio Ce nella confezione della lente a contatto»

La battaglia di mamma Anna, di Mondovì, contro la burocrazia

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«L’occhio del mio Leonardo non vede perché manca il marchio Ce nella confezione della lente a contatto»

Mamma Anna e il piccolo Leonardo (foto autorizzata dai genitori)

13/03/2023 - 20:02

di Gianni Scarpace

Che cosa blocca la possibilità di curare un bimbo di due anni in modo adeguato è un marchio. È quella sigla “CE”, Comunità Europea che manca. Necessaria perché un prodotto, anche un presidio medico, possa circolare in ambito comunitario e sia fruibile. Quelle due lettere non ci sono nella confezione che contiene le lenti pediatriche “Silsoft” della “Bausch+Lomb”, famosa ditta statunitense. Leonardo, due anni a maggio, soffre di cataratta congenita monolaterale, dunque a un solo occhio, il sinistro, diagnosticata a sei mesi. Perché possa vedere dall’occhio privo di cristallino da quando è stato operato al “Gaslini” di Genova all’età di 7 mesi, il bimbo che abita a Mondovì avrebbe bisogno di indossare quel modello di lente a contatto. È, però, senza marcatura "CE" che denomina un insieme di pratiche obbligatorie per tutti i prodotti per i quali esiste in proposito almeno una direttiva comunitaria o un regolamento che richiedano l'applicazione del simbolo. Quel prodotto, in pratica, può circolare là dove vige il marchio di Fda (Food & Drug Administration), ma non in Europa. «Trattandosi di un unico occhio da sanare - dice la la mamma Anna - però, ora non può usare gli occhiali, che andrebbe a mettere più avanti. Dall’ospedale ci hanno detto che deve utilizzare un tipo particolare di lenti a contatto pediatriche».

La mamma, così, da tempo, combatte, con coraggio ed ha aperto anche pagine social per denunciare la difficoltà. Ha provato in tutti i modi e attraverso tutte le vie legali a procurarle, ma senza quel marchio le lenti a contatto non possono entrare in territorio europeo. Le uniche a disposizione le ha fornite, con un limite, l'ospedale. Una situazione che parrebbe senza via di uscita. «Sono entrata a far parte di una rete – spiega Anna –, quella dei “bimbi bendati” ed ho scoperto che il problema è diffuso, ma non abbastanza per avviare un circolo virtuoso grazie al quale attivare un mercato europeo. I casi non sono abbastanza». E allora? Mamma Anna si attiva in tutti i modi: contatta i giornali, interessa un europarlamentare, avvocato di Roma, Ignazio Corrao, di Verdi e Alleanza Europea, con esperienze all’università di Palermo. E attende. Il tempo, per una patologia rara (3 casi ogni 10 mila bambini), diventa un tempo “dilatato”. Leonardo ha vissuto sei mesi della sua vita col cervello abituato a funzionare con un occhio solo e oggi deve anche portare una benda all’occhio sano per un certo numero di ore al giorno per “allenare” il cervello a utilizzare l’altro. Il cristallino sarà reimpiantato solo fra qualche anno, dunque, in pratica, Leonardo non vede. «Anni fa – spiega Anna - si trovavano in confezioni in vetro, ora le fanno in blister, ma comunque non hanno ancora ottenuto il marchio CE». Man mano che il bimbo cresce, i medici prescriveranno i nuovi diametri delle lenti. Ognuna delle lenti americane dura circa 3 mesi e può essere tenuta anche di notte per una settimana intera. Esistono altre lenti pediatriche, anche se sono meno tollerate, più scomode. La pubblicazione di questo articolo, insieme ad altre testate giornalistiche è un appello perché qualcuno possa prendere a cuore il problema e possa fare qualcosa in questo senso.

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