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«Alla collega abbiamo dato un tracker per segnalarci se lui la avvicinava ancora»

Migrante a processo per stalking: la presunta vittima aveva un sistema di allarme

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 «Alla collega abbiamo dato un tracker per segnalarci se lui la avvicinava ancora»

12/02/2024 - 10:12

di c. b.

È proseguito in tribunale di Cuneo il processo a carico di A. A. E., giovane extracomunitario accusato di stalking e violazione del divieto di avvicinamento. Sono stati sentiti, in aula, i colleghi di lavori della presunta vittima che hanno rivelato nuovi elementi. Nel 2019 il giovane era entrato nel progetto di accoglienza migranti in un centro del Monregalese e qui frequentò corsi di lingua italiana. Aveva anche preso parte ad un percorso di inserimento che gli aveva poi permesso di accedere ad un tirocinio, e qualche tempo dopo trovò un lavoro in autonomia. Per due anni, dal 2019 al 2021, era stato seguito da un’operatrice con cui aveva rapporti quotidiani. Andando avanti però, il rapporto, da parte di lui, sarebbe diventato più invadente e insistente, al punto che la donna lo denunciò. Come spiegato in tribunale dalla persona offesa, una notte l’uomo sarebbe arrivato a chiamarla 1486 volte. La donna ha altresì parlato di appostamenti, pedinamenti e insistenti richieste e messaggi che poi sono sfociati in un’applicazione della misura cautelare di divieto di avvicinamento. L’uomo deve anche rispondere della violazione della misura, ora aggravata nel divieto di dimora.

“Nel 2021 mi aveva dichiarato il suo amore -ha riferito la donna-. Una volta mi aveva scritto che aveva intenzione di sposarmi e che mi avrebbe aspettata. Ad oggi non mi sento al sicuro”. 

Chiamati a testimoniare in aula, alcuni colleghi dell’educatrice: “Le avevamo dato un tracker - ha riferito uno di loro -, cioè un dispositivo di allarme collegato al telefono. Facevamo in modo di non lasciarla mai sola sia all’entrata che all’uscita dal lavoro. Le avevamo anche fornito un nuovo numero di telefono ma lui era riuscito ad averlo e aveva ricominciato a tormentarla. Diceva che voleva avere un figlio con lei e questo per noi fece alzare il livello di attenzione”. La referente della persona offesa le aveva chiesto di scrivere una relazione su ciò che stava succedendo: “Era una relazione molto dettagliata – ha spiegato -. Mi sono spaventata di tutte le cose che stava subendo e che non ci aveva detto a voce”. 

Il processo proseguirà il 9 luglio con gli ultimi testi prima della discussione.

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