02/11/2024 - 08:53
Era stata denunciata dalla Guardia di Finanza perchè quando fece la domanda per richiedere il reddito di cittadinanza aveva abitato in Italia meno dei dieci anni previsti dalla legge per poter ottenere il beneficio. Rinviata a processo in tribunale a Cuneo con l’accusa di indebita percezione del sussidio l’imputata, di origine marocchine ma residente a Chiusa Pesio è stata assolta perchè il fatto non sussiste. “Spesso il requisito viene violato - ha illustrato un sovrintendente delle Fiamme gialle- In questa circostanza erano state fatte due domande, una del 2019 e una nel 2020 presso due enti diversi: il patronato e le Poste. La donna aveva un permesso di soggiorno rilasciato per questioni familiari, avendo contratto matrimonio con un italiano nel 2008 e poi ottenuto la prima residenza nel comune di Carrara nell’ottobre 2011”. Per la procura, nessun dubbio che l’imputata avesse “arrotondato” i requisiti chiedendone così al giudice la condanna: “Non rileva che in precedenza fosse sposata con un italiano - ha sostenuto il p.m.- se poi non aveva radicato la sua presenza sul territorio italiano. La dichiarazione è formalmente falsa e il beneficio è stato richiesto senza i presupposti necessari. Sul merito della questione si sono formati due orientamenti sul fatto che con l’abrogazione del sussidio sia cessata o meno l’offensività della condotta: la tesi per cui non lo sia è stata fatta propria dalle Sezioni Unite”. Di diverso avviso, invece, la difesa dell’imputata che ha sostenuto con il percorso di vita della donna l’abbia radicata “al di là del dato burocratico meramente certificativo, al nostro Paese. “Quando ha presentato la domanda - ha concluso - ha dato rilievo a questo legame”.
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