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"Papa Francesco: uomo del dialogo e della sensibilità ma soprattutto il cristiano, il vescovo di Roma e il vicario di Cristo"

L'omelia del vescovo Egidio per la messa di suffragio al Santuario di Vicoforte

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Papa Francesco: uomo del dialogo e della sensibilità ma soprattutto il cristiano, il vescovo di Roma e il vicario di Cristo

Monsignor Egidio Miragoli, vescovo di Mondovì

28/04/2025 - 22:23

“Non è senza commozione che ci troviamo a celebrare questa messa “di settima” in suffragio di Papa Francesco, e non è senza il vivo desiderio di rendergli il particolare omaggio che solo noi, Chiesa di Cristo e fratelli in Cristo, possiamo tributargli.

Lo dico senza ombra di polemica, perché certo la sua stessa persona e il suo stesso magistero hanno favorito le tante attestazioni di cordoglio e di stima che in questi giorni si aprivano con la puntuale sottolineatura del fatto che a pronunciarle fossero degli atei, o dei non credenti, o degli agnostici.

Tutto benissimo e, ripeto, tutto anche forse giustificato dal modo in cui il nostro caro Papa Francesco ha interpretato il proprio ruolo di pontefice. Eppure, mi pare almeno altrettanto bello che noi questa sera lo ricordiamo con spirito di fede, e che in lui vediamo non solo l’uomo del dialogo e della sensibilità per tematiche condivise da tanta parte della cultura laica, ma anche e soprattutto il cristiano, il vescovo di Roma e il vicario di Cristo. Forse, il mondo dimentica con un po’ troppa facilità che l’autorevolezza di qualsiasi papa, Papa Francesco incluso, e la sacralità delle sue parole risiedono anche, se non soprattutto, nel suo essere il capo, la guida della Chiesa di Cristo.

IL PAPA CHE DIO HA VOLUTO PER NOI

Il fatto che le parole di Papa Bergoglio, come quelle dei suoi predecessori, scaturissero anzitutto dal riferimento al Vangelo e a Cristo, è ciò che ha fatto di lui qualcuno e qualcosa di diverso dai tanti leader che possono essersi trovati d’accordo con lui su alcune delle tematiche più discusse oggi.

Per noi qui, questa sera Papa Francesco è il capo della cristianità, è stato per dodici non facili anni il rappresentante di Cristo sulla terra. Ed è questo, accanto alle sue indubbie doti umane, che ne ha fatto la figura che tutti abbiamo pianto in questi giorni.

Mi piace ricordare un’espressione che stava nella liturgia del venerdì Santo, quando rivolgendoci a Dio, abbiamo fatto riferimento a Francesco come “Il Papa che tu hai scelto per noi”. Non dobbiamo scordarlo: Papa Francesco lo ha voluto il Signore ed è stato l’uomo di Dio a noi donato perché, sono sempre le parole della liturgia, il popolo “affidato alla sua guida pastorale progredisca sempre nella fede”. In altre parole, ritengo giusto restituire il pontefice della Chiesa cattolica, alla sua Chiesa, al suo ruolo e al suo Dio.

DODICI ANNI NON FACILI PER LA CHIESA E PER IL MONDO

Ho parlato di “anni non facili” quelli del pontificato di Francesco. Credo possiamo essere d’accordo. Eletto al soglio di Pietro nel 2013, Papa Francesco ha esercitato il proprio magistero in un tempo che ha visto, fra le altre cose, il moltiplicarsi dei focolai di guerra, con due epicentri tragici in Ucraina e a Gaza; ha visto il diffondersi di un’epidemia che ci ha consegnato la sua immagine in piazza San Pietro in una sera di livida solitudine, quando ha pregato per noi, umanità intera sgomenta e abbandonata a se stessa; ha visto l’ampliarsi della babele costituita dalla rete, con tutti i rischi che essa comporta, accresciuti dal rapidissimo imporsi, specie nel mondo del lavoro, dell’intelligenza artificiale (cui ha dedicato il Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2024); ha visto, infine, l’inarrestabile aggravarsi del processo di scristianizzazione, e la perdita di autorevolezza della presenza della Chiesa nel mondo.

Sarà la storia, e neanche tanto presto, a poter formulare giudizi più attendibili sul modo in cui Francesco ha saputo affrontare il tempo che gli è toccato in sorte. Ora è troppo presto per esprimere giudizi su un pontificato certamente innovativo e certamente complesso. Dopo la sua morte, molte fonti hanno sottolineato l’impegno di Bergoglio per la pace, indubbio, ma forse non così sorprendente in un papa della Chiesa di Roma. Più significativi mi paiono altri snodi centrali del suo modo di essere e del suo magistero.

LA GIOIA DEL VANGELO, IL MANIFESTO DEL SUO PONTIFICATO

Anzitutto, muoverei dalla Esortazione apostolica Evangelii gaudium, che Francesco stesso definiva documento “programmatico del suo pontificato”. È un testo prezioso, soprattutto per come rilancia e sottolinea l’entusiasmo e la gioia dell’essere cristiani.

L’inizio lo dichiara in maniera molto efficace. Riascoltiamo le sue parole: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” (E.G. 1). E, poco dopo, per converso, ecco descritta la condizione umana in assenza di Dio: "Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto” (E.G. 2).

Mi pare un incipit che mostra la tinta di tutto il pontificato di Francesco, e che faremo bene a tenere nel cuore. 

Ugualmente, terrei presenti come stelle luminose i temi dei due giubilei che questo Papa ha indetto: la misericordia e la speranza.

IL VOLTO MISERICORDIOSO E PAZIENTE DI DIO PADRE

Quanto al primo, il richiamo fu soprattutto al Dio misericordioso. Questo è stato un tema carissimo a Papa Francesco, che ne ha fatto motivo anche di forte sottolineatura a noi sacerdoti e vescovi in quanto confessori: voleva che portassimo al mondo il volto del Dio che capisce, comprende, accoglie, e che, seppure giudica e discerne, lo fa applicando il metro di quella che il salmo 135 chiama la sua “eterna misericordia”. Il filo teso della misericordia va dal suo primo Angelus, domenica 17 marzo 2013, quando ebbe a dire che “colpisce l’atteggiamento di Gesù: non sentiamo parole di disprezzo, non sentiamo parole di condanna, ma soltanto parole di amore, di misericordia, che invitano alla conversione”, fino alla Bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia, in cui si legge: “Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio.[...] Nulla in Lui è privo di compassione” (Misericordiae vultus, 11 aprile 2015).

“NON LASCIATEVI RUBARE LA SPERANZA!”

Circa il tema della speranza, posto al centro del Giubileo in corso, esso è stato brandito con forza da Papa Francesco, forse per contrastare la disperazione del nostro tempo, così visibile in tante categorie sociali e anche in tante fasce di età, prima fra tutti quella dei giovani, che sembrano aver davanti un futuro refrattario come un muro da scavalcare e non certo invitante come una strada da percorrere.

Non per caso, proprio nell’indire il Giubileo, il pontefice aveva scritto: “Dobbiamo tenere accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata, e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante. Il prossimo Giubileo potrà favorire molto la ricomposizione di un clima di speranza e di fiducia, come segno di una rinnovata rinascita di cui tutti sentiamo l’urgenza. Per questo ho scelto il motto Pellegrini di speranza”.

GESTI CONCRETI A FAVORE DEI POVERI

Terzo punto, la sensibilità per gli ultimi, sensibilità vera e fattiva come poteva averla solo un uomo venuto dal Sud del mondo, figlio di immigrati e cresciuto in un paese spesso scosso da crisi di povertà profonda. Instancabilmente, Papa Francesco ci ha ricordato che i poveri materialmente, e i meno fortunati in senso lato, sono sempre con noi e che non possiamo fingere di non vederli: senza tetto, carcerati, migranti, sfruttati, e scartati dalla società del benessere e del profitto. Non solo: ha anche concretamente preso iniziative per proteggerli là dove egli si trovava, cioè in Vaticano. Chi abbia un po’ di pratica di Piazza San Pietro, sa perfettamente, ad esempio, che ormai il colonnato del Bernini è diventato un luogo di prima accoglienza per chi ha bisogno di trovare un riparo notturno, e che il Papa stesso ha voluto che nei pressi fossero installate delle docce e fosse disponibile un barbiere, a garantire un minimo di dignità fisica a tutti coloro che cercano fra le braccia simboliche di quella piazza una protezione e un abbraccio.

UNO SGUARDO PROFONDO E UN ASCOLTO SINCERO

Debbo infine chiudere con una breve nota personale, ammettendo di avere un legame spirituale particolare con Papa Francesco perché è stato lui a nominarmi vescovo, a mostrarmi fiducia con altri incarichi e ad offrirmi l’occasione di alcuni colloqui personali. Incontri certamente significativi, difficili da dimenticare. Non scorderò mai come questo Papa sapesse ascoltare il suo interlocutore, scrutarlo e guardarlo negli occhi, e talora anche metterlo a parte di sue scelte, chiedere un parere, con un’immediatezza di confidenza e di stima davvero sorprendenti. In tutta sincerità, devo anche dire che, quando mi è accaduto di non poter assecondare un suo desiderio, ho trovato profondissimo rispetto e una comprensione e una delicatezza davvero paterna.

UNA MEMORIA PREZIOSA DA CUSTODIRE

Concludo ripetendo che non siamo noi oggi a poter formulare giudizi, oltretutto in una fase storica così delicata, su un papato certamente significativo, intenso, capace di arrivare al mondo e di toccare tanti cuori. Dio l’ha scelto per noi e ora lo ha chiamato a sé. Potremmo dire, con le parole di Giobbe, che “il Signore ha dato e il Signore ha tolto”.

A noi, rimane il compito bellissimo di conservare come un tesoro prezioso quanto di bello, di inatteso e di indimenticabile questo pontefice ci ha donato, per, a nostra volta donare al mondo, con le nostre vite, almeno un po’ di misericordia, di speranza e di sincera e concreta attenzione agli ultimi”.

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