19/04/2023 - 11:08
di g. sca.
Esiste un’indagine volta a capire quanto l'uso di termini "negativi" o "positivi" influenzi la possibilità che i lettori clicchino su un determinato titolo per leggere l'articolo. Le testate giornalistiche che hanno la necessità di ragionare su centinaia di articoli da pubblicare online (in pratica tutte) hanno drizzato le orecchie sui risultati. Lo studio del sito “NiemanLab”, istituto di ricerca dell’università di Harvard, dice che la presenza di parole negative come "preoccupante", "colpisce", "ira" e positive come "avvantaggia", "bello", "preferito" influenzano la possibilità che il lettore scelga quell’articolo e clicchi sul link. Ormai è quasi un meccanismo naturale inserire questi termini, ma ora la conferma è scientifica perché lo studio arriva da uno degli istituti più autorevoli del mondo. La ricerca dice, inoltre, che i termini "negativi" aumentano del 2,3% la possibilità di un clic rispetto a quelli "positivi". La psicologia evolutiva, infatti, dice che gli umani sono più preoccupati di essere informati dei pericoli che delle buone prospettive. La ragione? Istinto di sopravvivenza. I giornaline approfittano. Perché? Per ragioni di sopravvivenza.
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