Foto di Ágatha Depiné su Unsplash
29/05/2024 - 07:18
di g. sca.
Nell’ottobre 2021 il Senato bocciò in modo definitivo il cosiddetto Ddl Zan. L’azione del Vaticano fu, secondo gli analisti della politica di allora, determinante. L’articolo 4 recitava che era possibile “la libera espressione di convincimenti” per rispetto dell’articolo 21 della Costituzione, ma aggiunsero la condizione “purché non idonea a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. “Frociaggine” (troppo nei seminari) è termine che sarebbe potuto, dunque, incappare nella volontà di condanna di un giudice zelante. A due condizioni, però: che il ddl (piuttosto imperfetto) fosse passato all’esame parlamentare e che chi lo pronuncia fosse cittadino italiano, quindi sottoposto alla legge nazionale. Nessuna delle due condizioni è attiva. Perciò restano, ad oggi, le scuse (che si devono sempre considerare, apprezzare ed accettare) dell’ufficio stampa della Santa Sede. “Absit iniura verbis”, dicevano i latini: sia assente l’offesa delle parole. Nel linguaggio giuridico è premessa ad un discorso che si tema possa apparire ingiurioso nei riguardi di qualcuno. Di certo sarà un caso difficile da dimenticare.
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