29/01/2025 - 16:47
Memoria è la parola più usata negli ultimi giorni di questa settimana che ha celebrato il Giorno in cui si onorano le vittime della Shoah e si promuove la riflessione sul valore della “memoria storica”. “Le parole sono pietre” è una frase di cui spesso si abusa, ma se si pesano le espressioni “memoria” e “giovani” il binomio diventa importante. L’ho notato negli occhi dei ragazzi che hanno partecipato, lunedì, alle manifestazioni a Mondovì, ripetute in tante città d’Italia. Studenti che stavano facendo esercizio di memoria nella speranza che la situazione scoperta 80 anni fa dalle truppe dell'Armata Rossa, al momento della liberazione dei prigionieri rimasti nel campo di concentramento di Auschwitz, resti nelle loro menti. Non solo, quindi, “esercizio”, ma consapevolezza di una tragedia collettiva da escludere con forza dal loro futuro. Negli occhi di quei ragazzi che ricordavano le esistenze dei monregalesi onorati dalle targhette ho letto cognizione e questo fa ben sperare. Ecco perché cerimonie che potrebbero suonare “vetuste” e a rischio di retorica hanno significato solo coinvolgendo i giovani, spiegando loro il significato di quel “Mai più” e del rischio reale: il tempo sta condannando alla scomparsa dei testimoni in carne ed ossa.
g.sca.
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