18/07/2025 - 10:29
La Rai annuncia in questi giorni il docufilm che s’intitola “33 anni senza verità”. È il lasso di tempo trascorso dalla morte del giudice Paolo Borsellino in via D’Amelio, a Palermo, il 19 luglio 1992, ai nostri giorni in cui, come dice il titolo, non si è stabilità una “verità vera”. Ce ne sono state tante, frutto del più scandaloso depistaggio nella storia recente dell’Italia. Tanto che risultano stucchevoli ed insopportabili le ricostruzioni in cui si raccontano e ricordano la morte, l’eccidio, la strage della scorta, la violenza, lo sgomento, l’orrore. Dobbiamo raccontare quello che è accaduto subito dopo. Borsellino è vittima due volte perché è stata fatta strage anche della verità sulla sua morte, lui è stato oltraggiato. E 33 anni dopo mancano ancora tasselli importanti per ricostruire quel periodo, magari con le luci che la sua agenda rossa potrebbero accendere. La ricorrenza della morte del giudice mai ascoltato dai colleghi nei 57 giorni che lo hanno separato dalla morte dell’amico Giovanni Falcone è diventata insopportabile quando fa rima con retorica. «Si è fatto scempio della verità», dice oggi Lucia Borsellino, figlia di Paolo. Dice che c’è una verità, ma è stata fatta a pezzi, come i corpi fatti saltare in aria dall’autobomba. Maciullata dal depistaggio di Stato, non di mafia.
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