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Tra inverno e primavera. Ma è sempre l'acqua a mancare.

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Per Capodanno “il passato non dimentica” e il nostro meteo “fa ginnastica”.

07/02/2023 - 16:24

Osserviamo per almeno la terza-quarta  volta nella stagione i prati e il bosco della nostra collina invasi da una neve che fino ai 700 metri si è fermata e ci viene in mente che nell'altro inverno questo spettacolo bianco ci era stato offerto soltanto in un paio di occasioni. È da un po' che riusciamo a raggiungere in auto la “campagna” tutto l'anno, senza interruzioni della stradetta che vi conduce. Perché nevica poco o addirittura per due dei tre mesi invernali non si vede un fiocco e poi perché alle rare nevicate seguono poi quasi sempre giornate calde, di Foehn o da anticiclone, che fondono la neve all'istante o in pochi giorni. Tutto questo ha varie conseguenze che ben conosciamo, ma la più evidente è che questa poca neve asciutta che copre la costa collinare non lascia quasi traccia umida sul terreno. Il caldo del sole o del vento di favonio, la sublimazione dello strato bianco, la sua evaporazione, fatto sta che la neve svanisce senza quasi lasciare traccia umida sulla terra polverosa. Ricordiamo invece cosa succedeva fino alla fine degli anni '80 e, a tratti anche oltre, dopo quelle nevicate che sommergevano facendolo scomparire persino lo steccato dell'orto. Nevi di un tempo, seguite da periodi di gelo gagliardo tanto che soltanto a fine marzo e a volte anche dopo il manto nevoso svaniva lasciando la terra ben impregnata di acqua. In questi ultimi anni si sono ripetuti mesi interi senza un fiocco alle basse quote, ma a volte anche sulle grandi. Basti pensare allo scorso inverno con un gennaio e un febbraio da dimenticare. Così oggi siamo arrivati in quel periodo dell'anno in cui la perdurante assenza di piogge in pianura sommata alla carenza di neve in montagna vengono a coincidere con quella che la tradizione considerava la svolta verso la primavera. L'Orso della Candelora, san Biagio, sono tre stazioni mitiche per divinare i tempi di questa svolta. Dalla Luna presente in cielo  che preannuncia la data della Pasqua, alle nevicate “fino alla coda dell'asino” nella data di san Biagio, fino alla “bialereta” che nel giorno di “santa Agheta”si scioglie per il primo caldo dando voce ai ruscelli della nostra infanzia. Viene il sospetto così che queste ultime due nevicatine tra il 5 e il 7 febbraio possano essere le ultime della stagione e che si debbano affidare le nostre speranze di piogge cospicue soltanto a marzo o dopo,  ad aprile-maggio. Il nostro dicembre è stato (secondo la serie storica che parte dalla fine dell'800) soltanto il 12° più caldo dal 1877. Gennaio a sua volta occupa il 13° posto. Febbraio vedremo cosa farà, dopo questa parentesi che si preannuncia gelida nei prossimi giorni. Le medie termiche quindi in  qualche modo ci rassicurano su dicembre e gennaio: non sono stati i più caldi né i meno nevosi. Ci manca però l'acqua. L'emergenza è questa.

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