PARTE 1
Foto di Priscilla Du Preez su Unsplash
04/03/2025 - 21:35
Riceviamo e pubblichiamo la lunga analisi realizzata dai consiglieri comunali di Mondovì Cesare Morandini, Laura Gasco e Davide Oreglia (del centrosinistra) sul presente e sul passato del modo in cui la città ha affrontato il tema del disagio giovanile e delle problematiche collegate. Si tratta di considerazioni e poi di un articolato dossier che parla di storia delle associazioni e delle iniziative e traccia un quadro on luci ed ombre rispetto al tema complesso e delicato.
Lo proponiamo per intero qui, sul web, pur sapendo che la lunghezza del dossier può rappresentare un limite alla lettura. Lo riteniamo, però, un lavoro serio ed accurato, perciò lo proponiamo volentieri.
“In relazione all’episodio di violenza grave che ha visto coinvolti tre nostri giovani studenti monregalesi e che ha avuto un’eco considerevole sui giornali locali e sui social, suscitando un diffuso senso di preoccupazione in famiglie, operatori scolastici e sociali, vogliamo offrire il nostro contributo in termini di osservazioni, considerazioni e proposte.
Condividiamo la preoccupazione di molti a proposito di azioni violente commesse da giovani e del diffondersi di pessimi comportamenti, che riconosciamo però non solo nella situazione monregalese, e non solo a livello giovanile.
La generazione che ha vissuto il Covid - dicono gli operatori professionali- ha forme di fragilità le cui tracce stanno nella difficoltà nei rapporti con i coetanei, nella chiusura in sé, nella difficoltà di gestire la violenza contro se stessi e contro gli altri. Non sarebbe peraltro corretto imputare soltanto agli strascichi della pandemia tale disagio.
L’impressione è che la qualità della convivenza civile sia mutata in peggio, così come i valori che comunichiamo ai nostri giovani: una conflittualità verbale (e non solo) ormai tollerata come sostanza del confronto interpersonale, la prevalenza della forza come legge ineluttabile dei rapporti, persino di quelli internazionali, la diffidenza sociale come leva per ottenere consenso ed erodere diritti individuali.
Il discorso ci porterebbe lontano: ma citare questi aspetti è utile per definire che, a nostro parere, l'approccio al problema anche nella dimensione locale non debba essere di natura puramente repressiva. Invocare grandi punizioni, oltre a quanto previsto dalla legge – magari anch’esse di natura violenta, come abbiamo letto in questi giorni qua e là sui social – può forse soddisfare pruriti immediati, ma non serve ad affrontare davvero il problema.
Appare ovvio che sul disagio dei nostri giovani occorre lavorare su piani molteplici, mettendo in campo, se richiesto da una situazione che appare deteriorata rispetto al passato, risorse maggiori e nuove idee. Ma non si costruisce nulla di nuovo senza prima considerare ciò che già si fa attualmente e ciò che è stato fatto in passato, che è certo molto. Per questa ragione mettiamo a disposizione del dibattito pubblico un dossier sulle iniziative del passato e del presente, costruito senza la pretesa di essere esaustivi.
Alla luce di tale “storia”, chiediamo che venga posta all’attenzione del dibattito pubblico, ed in particolare di quello spazio di coordinamento cittadino delle politiche giovanili che è il Tavolo di Lavoro promosso dagli assessorati competenti, la proposta dell’attivazione di un centro giovani permanente.
Come si può leggere nel dossier allegato, non è una novità, per Mondovì. Un simile centro è rimasto attivo in città fino alla metà degli anni Novanta, gestito per conto del Comune, della Caritas e del Volontariato Vincenziano dalla Cooperativa Valdocco, e lasciato cadere, non certo per la sua scarsa incidenza sulla promozione dell’agio giovanile.
Vengono individuate le seguenti esigenze, relative grosso modo alla fascia di età 11-18:
1) strutturazione del pomeriggio extrascolastico con attività formative e ludiche;
2) attività di recupero pomeridiano delle abilità scolastiche;
3) spazi ed occasioni per la socializzazione e l’aggregazione capaci di offrire stimoli positivi per la crescita e l’espressione di creatività e autonomia responsabile con intelligente accompagnamento, ovvero per occasioni di animazione educativa sui vari fronti del disagio, dell’abbandono scolastico, della prevenzione delle dipendenze, della devianza, della microcriminalità;
4) spazi ed occasioni per interventi su casi a rischio legati alle nuove fragilità.
LA PROPOSTA
La proposta, dunque. Una struttura permanente e collocata fisicamente, animata da una équipe di educatori professionali coadiuvata da volontari, che trovi spazio in locali adeguati collocati secondo criteri di accessibilità da parte della fascia di età 11-18 (non mancano di certo in città, tra locali comunali, edifici scolastici ed oratori parrocchiali da utilizzare tramite apposita convenzione). Tale struttura può unire l’animazione pomeridiana quotidiana dei minori all’attività per il recupero delle abilità scolastiche (in modo finanziariamente agevolato da parte delle famiglie) coadiuvando le iniziative di doposcuola già attivate dalle scuole. Può fungere da luogo unificante e di continuità per la realizzazione delle diverse progettualità messe in campo dai diversi enti in relazione alle fragilità giovanili – in primo luogo, l’assessorato alle politiche giovanili, il CSSM e l’ASL - ed alla prevenzione della devianza, ad esempio come base per la preziosa attività di educativa di strada.
Fondamentale la sua presenza fisica sul territorio cittadino, come elemento di riferimento nei pomeriggi dei ragazzi, con un carattere ludico, formativo ed educativo (come gli oratori di un tempo, e fortunatamente ancora attivi in alcune parrocchie).
Il centro educativo potrebbe essere modellato secondo l’esperienza di Casa Baratà di Savigliano, gestita dall’associazione Oasi Giovani da anni in modo proficuo.
Si tratterebbe di uno spazio gestito in modo professionale, con la progettazione ed il monitoraggio da parte del Tavolo di Lavoro. La promozione potrebbe avvenire su iniziativa dell’ente comunale e degli assessorati competenti, su fondi da reperire nei molti bandi di enti e fondazioni destinati all’agio ed alla prevenzione del disagio giovanile.
I suoi vantaggi, in termini di efficacia: stabilità nello spazio, stabilità nel tempo, frequenza quotidiana, riferimento per la realizzazione delle varie progettualità finanziate da enti e fondazioni e supporto alla loro continuità”.
DOSSIER
1- I pregressi
1989 – L’USL (oggi ASLCN1) avvia il centro ragazzi Mi-Kò
Nel 1989 l’azienda sanitaria di Mondovì (che allora si chiamava USL) mise in piedi un’attività a favore dei minori della fascia scolare 6-18. Le esigenze erano segnalate dagli operatori educativi e sanitari: forme di devianza (piccola criminalità, abbandono scolastico, dipendenze) registrate nella fascia suddetta ed in quelle superiori anche nella nostra città. In modo oculato si scelse di lavorare sulla prevenzione del disagio, creando spazi per l’aggregazione e per l’azione degli operatori. Era un’epoca in cui già si faceva sentire l’indebolirsi delle tradizionali agenzie educative territoriali: gli oratori e le parrocchie in particolare, non sostituite da nulla. Se ne incaricò la Cooperativa Valdocco a Carassone, quartiere particolarmente interessato dal disagio giovanile, creando il Centro Ragazzi “Mi-Kò” in via delle Rosine 8, non lontano dalla chiesa di S. Evasio. I suoi obiettivi specifici, precisatisi nel primo anno di vita, erano il recupero scolastico, la fruizione del tempo libero, il potenziamento delle capacità espressive e di socializzazione. Si trattava in primo luogo di un doposcuola, dove i ragazzi trovavano tutti i pomeriggi, tra operatori e volontari, supporto per compiti e recupero di abilità scolastiche. I ragazzi andavano ovviamente indirizzati al centro: gli esperti operatori della Valdocco li incontravano per le vie del quartiere e li attiravano con l’organizzazione di attività sportive, creative, musicali, teatrali. Fitta la collaborazione con le scuole elementari e medie della città.
(SEGUE)
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