08/09/2025 - 09:22
Una riflessione sul significato autentico del Giubileo, della fede cristiana, della speranza e della devozione a Maria. Ha toccato vari temi l’omelia che mons. Egidio Miragoli, vescovo di Mondovì, ha pronunciato al Santuario di Vicoforte per la festa della natività di Maria Santissima. Ecco una sintesi.
Il Giubileo è per ciascuno di noi
Due citazioni lasceranno intendere su che cosa voglio attirare la vostra attenzione. La prima di Origene di Alessandria (III secolo), la seconda del mistico tedesco Angelus Silesius (XVII secolo). I fatti della nostra fede, così concreti, o accadono anche in noi o è come non accadessero.
Qualcosa di simile possiamo dire per il Giubileo. Un anno giubilare offre tante occasioni perché noi lo viviamo, milioni di persone si sono mosse da ogni parte del mondo alla volta di Roma. Ma, ci chiederebbero Origene e Silesius, noi abbiamo vissuto il Giubileo? Almeno una volta abbiamo creato le condizioni richieste così da poter attingere alla Grazia, all’indulgenza del Giubileo? Oppure ce lo siamo lasciati scivolare accanto, come succede per tanti grandi eventi di cui sentiamo parlare dai media ma che ci vedono unicamente spettatori lontani?
Radici bibliche del Giubileo
L’origine biblica del Giubileo risale al capitolo 25 del libro del Levitico e al suono del corno di montone (in ebraico jòbel) che annunciava l’inizio di un anno particolare, di un tempo sacro. Ogni cinquant’anni ricorreva l’anno del riposo della terra, del condono dei debiti e della restituzione delle terre, l’anno della liberazione degli schiavi. Questo era il Giubileo: evento fattuale, non solo parola, ma parola e azione; non solo culto o ritualità ma esperienza etico-sociale che doveva incidere profondamente nell’esistenza di un popolo.
Gesù, all’inizio della sua missione nella sinagoga di Nazareth si presenterà come inviato dal Padre per inaugurare un Giubileo perfetto, “l’anno di grazia del Signore”, cioè della sua salvezza, che comprende quattro gesti fondamentali, antichi e nuovi ad un tempo: evangelizzare i poveri (gli ultimi), dare libertà agli oppressi e la vista ai ciechi (in senso stretto e metaforico), offrire liberazione dai mali che opprimono il corpo e lo spirito.
Il 1300 fu l’anno del primo Giubileo cristiano. Da allora a oggi, possiamo cogliere costanti e novità. Certamente, sul piano pratico, un elemento nuovo degli ultimi Giubilei è la possibilità anche per chi non può recarsi a Roma sulla tomba degli Apostoli, di “fare Giubileo”, di ottenere l’indulgenza, pur stando nei propri luoghi di vita.
È quello che vogliamo fare anche noi, usufruendo di questa possibilità. In ogni caso andranno salvaguardate le condizioni essenziali. Anzitutto, la dimensione del pellegrinaggio, anche simbolico (metafora di un cammino interiore); poi, la professione di fede, la confessione e la comunione; infine, la preghiera per il Papa, segno di ritrovata o rinnovata comunione con la Chiesa.
E tuttavia non possiamo ridurre il Giubileo a sola celebrazione o ritualità; al contrario, occorre da lì partire, lì attingere la motivazione, per tradurlo in gesti concreti di solidarietà capaci di restituire dignità, sollievo, libertà, misericordia a chi ne ha bisogno. È quello che abbiamo inteso fare in questi giorni, e ancora oggi, con la proposta di una colletta per le popolazioni di Gaza, il cui ricavato consegnerò personalmente, a fine ottobre, a Gerusalemme, al Patriarca Pizzaballa.
Tra questi adempimenti merita una parola la Professione di fede, la recita del Credo, il “simbolo” di fede. Per questo ne abbiamo fatto oggetto di riflessione durante i giorni della Novena.
Credo: Simbolo della fede
Il Credo costituisce l’espressione dell’essenza della fede cristiana. Non ha la pretesa della completezza, ma raccoglie i punti centrali della Scrittura e si propone come “regola” e “norma” della fede della Chiesa. La formula che ripetiamo nella liturgia domenicale è detta “Credo niceno-constantinopolitano”, in quanto la base risale al Concilio di Nicea (325 – quest’anno ricorrono i 1700 anni) approfondita da quello di Costantinopoli del 381. Il senso della professione di fede non è tanto un elenco di verità di fede da “ritenere per vero”. La dimensione intellettuale si integra in una più profonda. Dire “io credo” significa “mi abbandono a”, è un movimento dell’intera esistenza. “La fede non termina agli enunciati, ma alla realtà”, come dice San Tommaso.
Indulgenza: benevolenza di Dio
La realtà del Giubileo e la peculiarità di questo Giubileo ci consegnano poi due parole su cui riflettere. La prima è “indulgenza”, la seconda è “speranza”. Indulgenza indica “una benevola disposizione d’animo” che porta a perdonare, ma per la Chiesa cattolica esprime un dono straordinario: “la remissione di tutte le pene temporali per i propri peccati, per sé o come suffragio per qualche defunto”. Si tratta di una secolare proposta spirituale tipica del Giubileo.
Il Giubileo ci permette, dunque, di essere oggetto dell’indulgenza di Dio, del suo perdono concreto, della cancellazione dei nostri peccati e delle pene. In questo senso, “c’è una risposta al nostro domandare. Non siamo dimenticati. Un amore indistruttibile ci attende e ci dischiude futuro. Solo a partire da questa realtà, che ci chiama, può anche svilupparsi la risposta dell’uomo”. Così scrisse, da Cardinale, Joseph Ratzinger.
Questa particolare “benevolenza” non è un automatismo vuoto, un’assoluzione magica, che ci piove letteralmente da cielo. È, invece “un supplemento di misericordia del Padre di ogni bontà, ricevuto attraverso la mediazione della Chiesa”, cioè qualcosa che attiva un circolo virtuoso, che cambia le nostre vite. “Infatti, poiché abbiamo ricevuto misericordia, diventiamo misericordiosi, e la carità da noi ricevuta si effonde nei nostri cuori, rendendoli partecipi della vita stessa di Dio” (Benedetto XVI). Averne consapevolezza, in questi tempi bui, può essere un dono ulteriore del Giubileo, cui si lega la seconda parola, quella dettata da questo Giubileo particolare, per volontà di Papa Francesco: la parola “speranza”.
Speranza, antidoto alla disperazione
La Speranza è una parola oggi in grande crisi, si direbbe. Perché segni di speranza la cronaca di questi anni ne offre pochi, tra congiuntura economica, guerre assurde e atroci che mai più avremmo immaginato possibili, come quella che si sta consumando a Gaza, o in Ucraina (senza dimenticare la Siria, il Myanmar, lo Yemen, il Congo e Haiti...) sotto gli occhi di politici e diplomatici impotenti o indifferenti, e lo sguardo distratto della gente comune.
Eppure, basta ragionare in termini linguistici per comprendere l’importanza del concetto di “speranza”, non a caso è virtù teologale secondo la teologia cattolica. Chi vede nella “speranza” una sorta di soporifera illusione diffusa dalla religione, dovrebbe riflettere su questo: se perdiamo la speranza, rischiamo il suo contrario, ovvero la disperazione. E non è vero che la speranza porta al disimpegno, quasi che sperare fosse un modo per non agire. Al contrario, solo chi autenticamente spera è mosso a operare, solo chi confida di poter cambiare la storia dentro la storia accetta di spendersi.
E se la Bolla di indizione del Giubileo esorta ciascuno di noi, le comunità e le istituzioni, ad essere “segno di speranza” nel contesto attuale, noi, credendo in Cristo Signore della Storia, non arretreremo neppure di fronte alle brutture del nostro tempo, testimoni di una fede che va oltre il “qui e ora” e sfida da due millenni il passare spesso sanguinoso e travagliato dei secoli.
Maria SS.ma ci prenda per mano
Abbiamo parlato del Giubileo, ma questo non significa che abbiamo “dimenticato” la Madonna. La tenera madre, “figlia del suo Figlio”, secondo la geniale dicitura dantesca, è infatti premessa sottesa a qualsiasi discorso sulla salvezza e sulla vicenda cristiana.
Siamo partiti dall’incarnazione: e chi, se non Maria, ne fu il tempio? Chi la rese possibile? Chi se non la ragazzina di Nazareth ebbe il coraggio e la generosità di accogliere l’intenzione di Dio, che avrebbe potuto atterrirla, farle tremare i polsi, indurla a sottrarsi? Non è certo un caso, se questo Santuario è “chiesa giubilare”, luogo dove poter vivere il Giubileo: sotto lo sguardo di Maria, infatti, tutto diventa più facile. Lei maternamente ci accompagna e ci assiste.
A lei ci affidiamo, a lei, se ve ne fosse bisogno, chiediamo la grazia di aiutarci a fare il primo passo, o comunque il passo che ci manca per trasformare quest’anno in un autentico anno di grazia; il Giubileo della Chiesa cattolica nel Giubileo dei nostri cuori e delle nostre vite rinnovate.
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