MONREGALESE
25/04/2025 - 14:31
Mattinata significativa a Vicoforte, dov’è stato ricordato l’80° anniversario della Liberazione. La prima tappa è avvenuta sul ciglio della statale 28, al Santuario, dove un cippo ricorda la famiglia Prato, fucilata dai nazisti ormai in fuga il 29 aprile 1945. Appena fuggiti da Mondovì, i tedeschi quella mattina rastrellarono alcune abitazioni alla ricerca di Francesco Prato, membro di spicco della Resistenza locale. Lo trovarono in casa sua, mentre dormiva: fecero rivestire in fretta tutta la famiglia, falciandola con le mitragliatrici al bordo della strada. Oltre a lui, morirono la moglie Giovanna Ratto e i figli Marcella e Franco, di soli 15 anni. La famiglia riposa nel cimitero di Fiamenga, dove una delegazione si è recata per deporre una corona di fiori sulla tomba.
Al Santuario sono intervenuti il sindaco Gasco, con molti amministratori comunali, il gruppo degli Alpini, il Consiglio comunale dei Ragazzi con la sindaca Anastasia Oggerino, i ragazzi delle scuole e la Consulta Giovani, prima dell’orazione ufficiale curata dallo storico Roberto Rossetti.
Il sindaco Gasco ha ricordato con un minuto di silenzio Papa Francesco, “unica voce che si è sempre battuta per la pace”, sottolineando anche il ruolo delle donne nella guerra contro i nazifascisti, fondamentale per il riconoscimento del loro diritto di voto nell’immediato Dopoguerra.
Ci si è spostati poi al Parco della Rimembranza, che ospita la chiesa di San Giovanni e un monumento dedicato “a coloro che non fecero ritorno”, gestito dal gruppo Alpini in base ad un accordo con il Comune e la parrocchia di San Donato. Alla presenza anche del parroco don Candido Borsarelli e del presidente della sezione Ana di Mondovì, Armando Camperi, è stata scoperta la targa che porta il nome del generale Giovanni Battista Piovano. La richiesta di intitolargli un luogo era stata avanzata dal gruppo Alpini vicese e portata in consiglio dal consigliere Umberto Bonelli. In autunno la Giunta ha provveduto ad individuare quest’area.
Perché sia stato scelto il generale Piovano lo ha spiegato il professor Giorgio Cugnod, che nel 2016 ha pubblicato sulla sua vita il libro “Un alpino nella storia”. Classe 1917, ricevette la cartolina per il servizio militare nel 1938: entrò nel battaglione Ceva e allo scoppio della guerra fu inviato prima in Francia, poi in Grecia e quindi in Russia con la Cuneense. Dopo la controffensiva russa, il 20 gennaio 1943 iniziò il ripiegamento dei soldati italiani e Piovano venne ferito al volto da un cecchino sovietico. Curato dai commilitoni, venne quindi catturato e portato in Kazakistan dove rimase prigioniero fino alla fine della guerra. Impiegato in attività agricole, scrisse alcuni ricordi di quei lunghi mesi su alcune carte improvvisate, che conservò fino al ritorno, quando venne consegnato all’esercito inglese e giunse in Slovenia. Tornò a Vicoforte il 9 luglio 1945, dove riprese a lavorare nella pasticceria di famiglia. Il 19 ottobre venne congedato, anche sulla base dell’imposizione che gli Alleati fecero all’Italia con l’armistizio prima e il trattato di pace poi, vale a dire di licenziare i 4/5 delle forze armate. Ma nel giro di pochi anni le cose cambiarono: i due blocchi contrapposti, Usa e Urss, corsero al riarmo per la “guerra fredda”, nacque la NATO e ufficiali esperti come Piovano potevano tornare utili per formare le nuove leve. Così a giugno del 1956 fece domanda per tornare in servizio e da lì ebbe una progressione di carriera notevole, fino al 1974, quando si congedò definitivamente, un anno prima della vasta riforma delle nostre forze armate. La sua storia è stata raccontata grazie ai ricordi e alla documentazione raccolta dal figlio Franco, intervenuto per ringraziare le autorità e tutti gli intervenuti.
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