12/10/2023 - 16:38
È un momento storico molto difficile per il pianeta, dove l’alternarsi di attentati, conflitti e cataclismi naturali, con le loro conseguenti tante vittime, stanno tenendo banco in tutti i telegiornali del mondo. Per ultimi, nei giorni scorsi, i bombardamenti e le brutalità in Terra Santa, e il violento terremoto ad Herat, la seconda città più grande del poverissimo Afganistan. Proprio ad Herat, solo 24 ore prima delle forti scosse telluriche che hanno toccato magnitudo 6,5 provocando oltre 2000 morti e 10.000 feriti (dati ancora provvisori), vi erano anche quattro cuneesi, di cui i monregalesi Dino Bonelli, fotografo di Prato Nevoso e Maurizio Icardi, dentista del Santuario di Vicoforte. I quattro, rientrati domenica da Kabul, capitale del paese, dove erano alla scoperta di una terra discretamente ricca nel sottosuolo ma molto povera nella realtà quotidiana, hanno raccontato di un’area, quella poi interessata dal sisma, particolarmente arida ed aspra, e non ancora completamente ripresa dalla sanguinosa guerra civile. Una zona povera dove le case fuori città sono ancora fatte di fango essiccato, e dove le strade, rigorosamente sterrate, sono ancora martoriate dai crateri dei tanti e differenti bombardamenti che hanno strapazzato l’Afganistan negli ultimi 50 anni. Ad Herat, che come tutte le città del paese è caotica, rumorosa e satura di smog, la vita nonostante tutto scorre lenta e senza pretese, e la grande moschea piastrellata e la vecchia cittadella sono le uniche attrattive turistiche di un turismo che, dalla recente salita del potere dei Talebani, non esiste più.
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