18/10/2023 - 11:43
Questa volta, Dino Bonelli, l’eclettico fotografo e giornalista di Prato Nevoso che abbiamo il piacere di ospitare, con i suoi racconti di viaggi avventurosi, è andato in Afganistan. Uno stato, questo, che sul sito “viaggiare sicuri” della Farnesina, Ministero degli Affari Esteri Italiano, è fortemente sconsigliato in quanto tra i più pericolosi al mondo. Il pericolo deriva dal fatto che con l’uscita di scena di Stati Uniti e alleati europei del 31 Agosto 2021, il potere è ritornato ai Talebani. Questi temuti integralisti ad ideologia islamica, già al potere tra il 1996 e il 2001, nel ventennio in cui sono stati emarginati dalle forze armate della Nato sono stati i brutali protagonisti di tanti orribili attentati, e ora, giunti nuovamente al potere continuano ad essere visti come il diavolo i terra. In effetti negli ultimi due anni, seguendo la loro ideologia estrema, hanno fatto tanti drastici cambiamenti, di cui il più severo contro le donne. A queste infatti, azzerandogli la dignità, hanno proibito di lavorare, guidare e studiare, relegandole in casa o a sporadiche uscite solo se accompagniate da un parente, e ultimamente gli hanno anche fatto chiudere tutte le sale massaggi e i saloni di bellezza.
“Il fatto di non vedere donne in giro, o vederne poche a cui ovviamente non si può rivolgere la parola, è brutto ed imbarazzante, ma lo sapevamo già prima di partire e quindi questa situazione non ci ha colti di sorpresa” Dino racconta il suo viaggio effettuato in compagnia di Maurizio Icardi, medico dentista del Santuario, già con lui nei recenti trascorsi in Siria e in Libia. Con loro anche Paolo Bressy di Caraglio e Roberto Cravero di Bra, entrambi già con Bonelli in Azerbaigian in primavera. Racconta: “Su consiglio della nostra giovane ma erudita guida locale Sardar, che opera per conto di BHS Travel, leader italiano dei viaggi d’avventura, senza la quale non si riuscirebbero ad avere visti e permessi vari, arrivati a Kabul ci siamo messi subito in abiti locali, per dare meno nell’occhio. Con questo piccolo stratagemma abbiamo circolato liberamente un po’ dappertutto, sempre però con gli occhi dei talebani addosso. Vederli con i fucili automatici Kalaschnikov a tracolla, era un’altra delle cose che immaginavamo dovesse starci, ma certi controlli con perquisizioni e interrogatori, specie in alcuni posti di blocco notturni, non sono stati molto rassicuranti”. Il quartetto di cuneesi da Kabul, con due auto fuoristrada, ha attraversato tutta la grande ed impervia zona montagnosa, dove ci sono diversi siti d’interesse, per arrivare alla bella Herat, seconda città del paese. “Spersi nelle aride montagne afgane, abbiamo visitato le nicchie che ospitavano i due Buddha giganti, sculture di 53 e 38 metri, di 1800 anni fa, fatte esplodere nel 2001, per motivi ideologici, dal primo governo talebano. Poi, andando a correre, perché nei nostri viaggi lo sport non manca mai, abbiamo incontrato diversi resti di carri armato dell’esercito russo, abbattuti durante la lunga guerra sovietico-afghana che durò dal 1979 al 1989”. Ma a scioccare Dino Bonelli è stata soprattutto la povertà di quei posti. “Nei cinque giorni – racconta - di alta montagna, quasi sempre oltre i 3000 metri, dove abbiamo percorso solo su strade sterrate in pessime condizioni e talvolta anche crivellate dai grossi crateri dei bombardamenti, a toccarci sono state le condizioni di vita della gente del posto . Le case sono fatte solo di mattoni di fango, qualcuno vive ancora in grotte chiuse da questi mattoni nella loro parte più esterna e per scaldarsi, specie nei lunghi inverni in cui peraltro queste zone sono completamente isolate dalle abbondanti nevicate, usano solo dischi di escrementi animali, schiacciati ed essiccati. La dove c’è un pò d’acqua, coltivano l’arida terra solcandola con aratri in legno trainati dai buoi. I bambini, neanche a dirlo, non vanno a scuola ma, quasi sempre scalzi, lavorano nei campi già in giovane età”. Poi uno sguardo su qualcosa di più leggero. “A Band-e Amir – dice Bonelli - abbiamo corso e ci siamo goduti i suoi splendidi laghi, incastonati come perle di color blu-turchese in un contesto di montagne bianche. Parecchie ore di macchina più avanti poi, in una gola profonda, alla congiunzione di due torrenti, abbiamo avuto la fortuna di vedere il famoso minareto di Jam, che con i suoi 65 metri d’altezza, i suoi 800 anni e le sue rifiniture finemente cesellate, è considerato una delle 20 meraviglie del mondo. Il sito, sia per l’inaccessibile locazione e sia per i tanti anni di conflitti interni dell’Afganistan, è rimasto isolato da oltre un trentennio e noi siamo stati trai i primi occidentali a visitarlo”. Il viaggio “on the road” dei quattro cuneesi si conclude con la visita della bella Herat, da cui ripartono poche ore prima del terribile terremoto di magnitudo 6,5 che ha fatto oltre 2400 vittime e 10.000 feriti. Conclude il viaggiatore monregalese: “Ad Herat, oltre ad alcuni mercati locali, abbiamo visitato la grande moschea, la cittadella e il museo dei Mujahidin, i guerriglieri d'ispirazione islamica che tra il 1979 e l’89 cacciarono gli invasori russi. Un museo crudo e interessante, che ci ha fatto capire molto sulla tenacia di questa gente”.
Powered by Gmde srl